Lula stopper, Battisti libero?


Da dicembre 2009 si attendeva la pubblicazione della decisione del Supremo Tribunale Federale brasiliano (STF) sull’estradizione di Cesare Battisti: il Presidente Lula, chiamato a dire l’ultima parola, aveva sempre rinviato alla pubblicazione ufficiale del cosiddetto ‘acórdão’ per pronunciarsi.
Ora ce l’ha, e potrà decidere. La decisione è stata pubblicata sul giornale ufficiale del STF del 16 aprile 2010 (pag. 19 e 20).
Si tratta ancora della versione sintetica, che riassume otto punti della decisione considerati di interesse giuridico:
1. La validità della concessione di rifugio va considerata materia preliminare nel processo di estradizione.
2. L’eventuale ‘nullità assoluta’ dell’atto amministrativo che concede il rifugio deve essere pronunciata nel processo di estradizione. Viene pronunciata qui per la ‘non-corrispondenza tra i motivi dichiarati ed i fatti addotti alla ipotesi legale invocata come causa di autorizzazione del rifugio’, ed abbondanzialmente per il contrasto con la norma proibitiva della concessione di rifugio.
3. L’omicidio praticato da un membro di una organizzazione rivoluzionaria clandestina, nella normalità di uno stato di diritto e senza proposito politico immediato o connotazione di legittima reazione ad un regime oppressivo, non costituisce un reato politico quale ostacolo all’estradizione.

4. La domanda di estradizione per l’esecuzione di sentenze penali definitive, emesse in osservanza delle procedure legali, non caratterizza l’ipotesi legale della concessione di rifugio -basata sul fondato timore di persecuzione politica- quando non v’è prova di nessun fatto capace di giustificare il timore di violazioni delle garanzie costituzionali del condannato.
5. Gli eventuali errori o mancanze nella traduzione dei documenti istruttori dell’estradizione non li rendono inutilizzabili, se non compromettono la piena comprensione del testo.
6. L’obiezione dell’insufficienza di prove o dell’ingiustizia della sentenza oggetto della domanda d’estradizione non costituisce una questione che la difesa può opporre. Le restrizioni legali in questo contesto rendono impossibile l’apprezzamento del valore delle prove e del giudizio sui fatti.
7. Il Presidente del STF può sempre votare nelle cause di estradizione.
8. Una volta l’estradizione decretata dal STF, il Presidente della Repubblica deve osservare i termini imposti dal Trattato stabilito con lo Stato richiedente.

Come si vede, si tratta di punti che, oltre a concernere diversi aspetti procedurali o formali, esprimono spesso delle ovvietà. Compresa l’ultima, cioè che il Presidente debba rispettare leggi e trattati: ma è altresì chiaro che questa è la formulazione di una strettoia politica che non è ben riuscita al Supremo. L’intento era di far passare il principio di sottomissione assoluta del Presidente alla decisione del tribunale, ma i giudici a maggioranza dovettero riconoscere che non si trattava di un mero esecutore ed allora, per salvarsi in corner, venne riformulato come obbligo di attenersi ai termini del trattato di estradizione.
In tutto questo, manca qualcosa, e che può contare molto nella decisione di Lula.
Vediamo però prima di aggiornare il contesto.

In Brasile, intanto...
Un paio di cambiamenti, dal momento delle udienze e delle ultime polemiche, ci sono stati.
Il Ministro di giustizia non è più Tarso Genro ma, dal 9 febbraio 2010, Luiz Paulo Barreto (nella foto, con Lula).
E il Presidente del Supremo non è più Gilmar Mendes ma, dal 10 marzo 2010, Cezar Peluso.

Peluso, non è altri che il relatore della decisione di estradizione di Battisti. Noto come cattolico integralista e conservatore, si è probabilmente guadagnato dei galloni per la carriera conducendo il caso Battisti nei modi che si son visti, e tenendolo incarcerato fino ad oggi.

Luiz Paulo Barreto era invece il presidente del Conare, il Comitato Nazionale per i Rifugiati, e in quel ruolo aveva preso due decisioni importanti:
quella della concessione di rifugio (con conseguente annullamento della procedura di estradizione) di Padre Oliveiro Medina, accusato di essere membro delle FARC colombiane,e quella di diniego del rifugio a Cesare Battisti.

Il retroscena della seconda decisione è però da tempo noto al pubblico: Tarso Genro, allora appunto Ministro di giustizia, gli indicò di votare, in caso di parità, contro la concessione. E così fu, con il voto del suo presidente Barreto il Conare respinse la domanda di rifugio per 3 voti contro 2.
Tarso Genro aveva un motivo politico e personale per questo: considerò che il Consiglio esercitava una funzione meramente consultativa e fece la sua raccomandazione a Barreto “perché non voglio che si pensi che non ho il coraggio politico e la decenza morale di decidere su un caso così conflittuale come questo” (Folha de S. Paulo 17.01.2009).

Ci si può interrogare sulla correttezza di un ministro che impone a un presidente di comitato una decisione, oppure onorare il ministro che non lascia al suo rappresentante la responsabilità di una decisione che avrà effetti politici.

Ma la cinica mossa è stata controproducente, perché ha regalato ai fautori dell'estradizione un argomento in più contro la concessione del rifugio politico.
Gilmar Mendes, presidente del STF, ne ha approfittato per sottolineare che il rifugio politico era stato rifiutato dal Conare ed ottenuto solo su ricorso presso il Ministro di giustizia, e per questa presunta diversità mantenuto Cesare Battisti in carcere. (Il Conare è, per sua stessa definizione un organo collegiale, vincolato al Ministero di giustizia, che riunisce segmenti rappresentativi dell'area di governo, della società civile e delle Nazioni Unite' ed è dunque il Ministro di giustizia che ne conferma o annulla le decisioni.)
Rimane così il fatto che Luiz Paulo Barreto, con il suo voto decisivo di presidente del Conare, ha determinato la permanenza in carcere di Battisti dal novembre 2008 ad oggi.

Come e quando Lula deciderà
La decisione di Lula non si farà sugli otto punti del Giornale ufficiale descritti sopra. Quelle sono le uniche frasi che i giornalisti hanno guardato e riportato. La sentenza pubblicata è un documento ben più corposo, si tratta di 686 pagine che potete sfogliare o scaricare qui:


Già le dimensioni dell'acórdão sono fuori dal comune, se si pensa che le sentenze di rifiuto dell'estradizione per gli esuli italiani Luciano Pessina e Pietro Mancini contavano rispettivamente 45 e 30 pagine, o che quella di concessione dell'estradizione di Norambuena ne aveva 89.
La considerevole differenza riflette la complessità del caso, e questo principalmente per l'intervento delle autorità italiane. La difesa di Battisti si è articolata infatti su uno schema normale, di opposizione alla domanda d'estradizione italiana, richiesta di rifugio politico e via ricorsuale conseguente. L'Italia ha invece attivato almeno due procedure supplementari confluite nel caso, miranti ad annullare la decisione ministeriale, che hanno sollevato un complesso, e talvolta volutamente confuso, dibattito giuridico e procedurale che si ritrova nella lunga decisione.

L'anomalia del caso è proprio uno degli argomenti degli avvocati di Battisti nei loro interventi scritti indirizzati alla Presidenza, e firmati da diversi giuristi di fama, i professori universitari Luís Roberto Barroso (UERJ), Nilo Batista (UFRJ), Dalmo Dallari (USP), José Afonso da Silva (USP), Celso Antônio Bandeira de Mello (PUC-SP) e Paulo Bonavides (UFC). Sottolineano tra l'altro che non vi sono precedenti di estradizioni decise con il solo voto di spareggio del Presidente, né di concessioni del rifugio politico decise in seguito a ricorso dal Ministro e poi annullate dal STF, e che è rarissimo che un'estradizione venga concessa con il parere contrario della Procura generale.
La via d'uscita da proporre a Lula sembra risiedere, secondo loro, in quanto richiamato dal giudice federale Eros Grau nel dibattimento, e che si ritrova a pag. 537-538 della sentenza:
O riprendendo la frase: nei termini del trattato, il Presidente della Repubblica è o no obbligato ad eseguire l'estradizione?
    Può rifiutarla in alcune ipotesi che sicuramente ed al di là di ogni dubbio non sono esaminate né esaminabili dal tribunale, sono quelle descritte al capoverso f dell'articolo 3.1. Tant'è che l'articolo 4.1 dispone che il rifiuto dell'estradizione fatto dalla Parte richiesta -e la "Parte richiesta", ripeto, è rappresentata dal Presidente della Repubblica- "anche parziale, dovrà essere motivato".
Questo articolo 3.1 capoverso f del trattato stabilisce che l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta abbia ragioni ponderaveis per supporre che la sua situazione [cioè della persona richiesta] "possa essere aggravata" -vale a dire colpita- nella condizione personale. La Parte richiesta [cioè il Presidente della Repubblica] potrà, in questa ipotesi, non concedere l'estradizione.
Il Supremo Tribunale Federale non ha imposto al Presidente un vincolo di esecuzione, perciò Lula deve tenersi solo al rispetto del Trattato bilaterale di estradizione del 1989 , ma nello stesso tempo non può più usare gli argomenti della concessione del rifugio politico a Battisti, perché è stata cassata.

Ora la questione dei tempi diventa più politica.
La sentenza sarà analizzata dall'Avvocato generale dello Stato Luís Inácio Adams (la Advocacia-Geral da União è l'istituzione che opera come consiglio giuridico del potere esecutivo), e questo passaggio implicherà diverse settimane. Nel tempo di un mese sono inoltre ancora possibili interventi e correzioni sulla sentenza.
Benché la campagna elettorale non sia ancora ufficialmente iniziata, il voto per le presidenziali è fissato al 3 ottobre, ed è chiaro che più ci si avvicina e più la destra farà un uso strumentale ed elettorale dell'eventuale non-estradizione decisa da Lula.

Dilma Rousseff, candidata del Partito di Lula alla successione, non si è mai espressa sul caso, mentre il suo avversario del centro-destra José Serra del PSDB ha recentemente dichiarato che Battisti dovrebbe essere estradato.
Una prima opzione di Lula potrebbe dunque consistere nel lasciare la patata bollente a chi gli succederà. Ma sarebbe una scelta da Ponzio Pilato, e non senza conseguenze nella base del suo partito. D'altro canto un'opzione del genere potrebbe anche essere fatta propria dall'Italia e dai fautori dell'estradizione.

Le chiavi della cella
Di fronte ad una decisione negativa di Lula, fondata su argomenti simili a quelli menzionati dagli illustri costituzionalisti, vi sarà senz'altro una reazione della destra, e sul piano politico-elettorale i discorsi sul suo possibile empeachment si fonderanno con ogni ostacolo ricorsuale possibile.
Cezar Peluso, ora capo del STF, l'ha già annunciato con un'affermazione sinistra :
"Se il Presidente della Repubblica si rifiuta di eseguire l'estradizione, chi revocherà l'incarcerazione dell'estraditando, che è conseguenza della procedura che ha deciso l'estradizione [procedência da ação] ?" (Globo 18.11.09)
La domanda è retorica, poiché le chiavi della cella le tiene lui, e le considera evidentemente un mezzo di imposizione della sua volontà, nonché uno strumento per poter di nuovo intervenire nel caso, anche se il Supremo, come tutti ripetono, ha, pubblicando la sentenza, detto la sua e 'passato la palla'.

V'è un particolare che non è menzionato negli 8 punti del riassunto della sentenza, e che nessuno sembra ricordare.
Si tratta della decisione essenziale della sentenza, cioè l'accordo del Supremo all'estradizione. Come s'è detto, è stato adottato con i quattro voti dei ministri Peluso, Lewandowski, Britto e Gracie nonché quello del presidente Mendes, contro i quattro voti dei ministri Grau, Lucia, Barbosa e Aurelio.
Le dichiarazioni di voto dei vincitori, a cominciare da quelle di Peluso, relatore sul caso, sono chiarissime:
Cezar Peluso: (...) concedo l'estradizione di Cesare Battisti, alla condizione formale di commutazione della pena dell'ergastolo con una pena di privazione della libertà di una durata non superiore a trenta anni, con detrazione del periodo in cui egli è detenuto in questo paese (...) (pag. 173)
Carlos Britto: (...) al voto del Relatore aggiungo solo la detrazione. Bisogna detrarre, come ha detto il ministro Lewandowski- dal tempo restante, cioè dal tempo della pena di privazione di libertà, gli anni di reclusione già scontati qui in Brasile. (pag.272)
Ellen Gracie: Voto nel senso di accettare la domanda d'estradizione, con l'esigenza di commutazione della pena dell'ergastolo con una pena di privazione della libertà non superiore a trenta anni, con la garanzia della detrazione del tempo in cui l'estraditando è rimasto detenuto in Brasile. (pag. 307 e 598)
Gilmar Mendes: Sottolineo inoltre, davanti all'imposizione della reclusione perpetua all'estradando, che la presente richiesta è accolta sotto la condizione che lo Stato richiedente assuma formalmente l'impegno a commutare la pena dell'ergastolo in privazione della libertà per al massimo 30 anni, conformemente alla iterativa giurisprudenza di questa Corte. (pag. 519)
La concessione dell'estradizione è esplicitamente condizionale: o l'Italia trasforma l'ergastolo di Battisti in una pena temporanea di al massimo trenta anni, da cui devono dedursi gli oltre tre anni di carcerazione in Brasile, oppure l'estradizione non può essere eseguita.

Il Presidente della Repubblica dovrà garantire -allo stesso Tribunale federale!- che la condizione, questa sì, imposta, sarà rispettata. Dovrà quindi ottenere le adeguate garanzie che la pena di Battisti consista in 26 anni, x mesi ed y giorni di carcere, invece del "fine pena mai" dell'ergastolo. Secondo la giurisprudenza citata dallo stesso Mendes, le garanzie che la Parte richiedente deve presentare sono previe all'estradizione.

Questo aspetto è sottaciuto dalla parte brasiliana, e forse sottovalutato dalla difesa, probabilmente perché si considera che una garanzia di commutazione della pena non sia difficile da esprimere.
Nelle procedure di grazia o di amnistia presidenziale di molti paesi è infatti diffusa la possibilità di commutazione della pena. Uno dei casi classici conosciuti è quella del condannato a morte negli Stati Uniti la cui pena viene commutata -dal Governatore, per es.- in reclusione perpetua.
Ciò non esiste invece nell'ordinamento italiano, dove una sentenza definitiva non può essere modificata se non con la revisione del processo.
L'Italia non può rispettare la condizione imposta da questa sentenza brasiliana che lei stessa ha fortemente voluto.
Il fatto che le leggi italiane prevedano la possibilità teorica di una liberazione condizionale anche per gli ergastolani, non può essere in sé considerata come garanzia sufficiente, altrimenti i giudici federali non avrebbero posto condizioni; le autorità italiane sembrano esserne coscienti, tanto che, come si è segnalato nel post 'Materiali sul caso Battisti', se ne sono uscite con affermazioni piuttosto indegne, tipo 'faremo finta, con i brasiliani'.

Ci saranno dunque, da parte del governo Lula, dei contatti, non necessariamente pubblici, con quello italiano per acclarare questo aspetto, che non è in alcun modo secondario, poiché concerne il principio di reciprocità che regola i rapporti diplomatici tra gli Stati.
Lo stesso principio di reciprocità di cui tutte le procedure di estradizione tengono sempre conto, quando si tratta per esempio di stabilire se il reato per cui si estrada è considerato reato in entrambe i paesi.
Lula è tenuto a farlo per rispetto della legge; al proposito, l'articolo 91 della legge n° 6.815/80 (Statuto dello straniero) è categorico, e gli permette addirittura di chiedere ulteriori garanzie:
Art. 91 Non sarà effettuata la consegna senza che lo Stato richiedente assuma l'impegno:
I - che l'estradato non sia arrestato né processato per fatti anteriori alla richiesta:
II - che il tempo di detenzione imposto in Brasile per l'estradizione sia computato;
III - che la pena corporale o di morte venga commutata, salvo i casi in cui la legge brasiliana permette quest'ultima;
IV - che l'estradato non sarà consegnato, senza il consenso del Brasile, ad un altro Stato che lo reclami, e
V - che non considererà nessun motivo politico per aggravare la pena.
La ragione di fondo, sta nella Costituzione federale, il cui articolo 5 è esplicito:
XLVII. Non ci saranno pene:
I. di morte, tranne che in caso di guerra dichiarata, ai sensi dell’art. 84, XIX;
II. di carattere perpetuo;
III. ai lavori forzati;
IV. di esilio;
V. crudeli;
È chiaro che il primo impegno del primo cittadino di uno Stato, è di rispettarne e farne rispettare la prima legge, che è la Costituzione.
Il Presidente Lula, nel chiedere e verificare le garanzie, sarà non solo in una posizione di diritto, ma soprattutto di dovere istituzionale.

Va infine ricordato che secondo la giurisprudenza del STF, non esiste un primato gerarchico o normativo del trattato internazionale sulle leggi interne.
Non ci può essere prevalenza di prescrizioni di ordine meramente convenzionale (comme il trattato di estradizione tra Italia e Brasile) su regole iscritte nella Costituzione, hanno detto e ripetuto i giudici federali (cfr. ad es. la sentenza Ext.711). Insomma non esiste l'eventualità, richiamata dai fautori dell'estradizione, che Lula debba guardare e rispettare solo ed unicamente il trattato bilaterale.

A meno di non farsi coglionare dalle autorità italiane, Lula potrebbe così rifiutare la consegna per mancanza di adeguate garanzie della Parte richiedente: una posizione inattaccabile proprio perché le garanzie sono richieste dalla sentenza. Ne conseguirebbe la liberazione di Cesare Battisti, fino a che l'Italia non cambi le proprie leggi. Nelle altre ipotesi di un diniego dell'estradizione fin'ora ventilate, la scarcerazione di Battisti, oltre a dover essere combattuta, sarebbe limitata alle decisioni del o dei successori alla Presidenza brasiliana, che potrebbero essere di senso contrario, così come avvenuto in Francia dopo Mitterrand.

intanto in Italia...
L'affaire Battisti, come si è visto anche nei post precedenti, ha sollevato in Brasile un dibattito soprattutto giuridico, e si è poi trasformato in un terreno di scontro politico interno.
In Italia, si è sollevata una rumorosa canea forcaiola, accompagnata da un altrettanto assordante silenzio. Quello di "coloro che hanno vissuto la stagione di processi che ha chiuso la vicenda del movimento degli anni '70", come lo chiama Andrea Leoni in un articolo sul Manifesto, che vale la pena di (ri-)leggere.
scribd

Nel suo testo, introduce una considerazione dannata dalla memoria, che chiama di "diritto alla fuga" ("Immagino che alcuni di noi, in riflessioni silenziose, considerino legittimo che Battisti sia fuggito e che tenti di sottrarsi alla prigione.").
In diversi paesi, l'evasione di un detenuto non è punibile in quanto tale, non costituisce in sé un reato -ciò che non impedisce di abbatterlo incidentalmente nel corso della caccia, di condannarlo per reati connessi e per infrazione ai regolamenti, di toglierli i benefici, ecc.
Ma fuggire non può essere un reato penale, ricordano quelle civiltà giuridiche, perché la ricerca della libertà è l'anelito primario dell'essere umano.

Si può poi aggiungere che la condizione del fuggitivo, di libero ma esiliato, è considerata una pena inaccettabile e perciò illegittima.
Si veda ad esempio proprio l'articolo 5-XLVII della Costituzione brasiliana del 1988 citato sopra: abolisce e proibisce la pena dell'esilio (il 'banimento'), che è equiparata alle altre pene intollerabili o crudeli: morte, lavori forzati, ergastolo.
Ogni fuggitivo soffre questa pena proibita.
Ed è in considerazione della sua condizione umana che le istituzioni sviluppano delle politiche più aperte di accoglienza e rifugio.

Ma la domanda centrale di Leoni, 'perché non ne parla nessuno?', è rimasta senza risposte dall'album di famiglia. Forse perché è stato cestinato:
Una mancata elaborazione del lutto mi sembra evidente negli esiti dei protagonisti degli anni Settanta. Siano pentiti, siano rifluenti, siano rinati come ecologi o scopritori delle religioni orientali, siano occhettiani i dippini, siano le talpe serpenti colombe dell'eversione strisciante, hanno tutti in comune l'energico buttarsi alle spalle il passato non come esperienza, ma come errore - quasi non essere.
E lasciamo andare che ne consegue una passabile disumanità verso chi in quel passato è rimasto irretito, e non sono così pochi: mai generazione combattente fu così priva di solidarietà verso feriti e prigionieri, per non dire dei defunti. Eccessivamente esaltati alcuni anni fa, come se il cadere fosse un merito, oggi sono ricordati, se lo sono, non con pietas ma con commiserazione. Relegati nello stupidario dell'"utopia della centralità operaia", o della "rivoluzione" o della "contestazione" o delle "lotte", il sociologo ne indaga, se indaga, corpi e vite deprivate dal contesto in cui furono "altri" e ne addita l'attuale miseria, come se testimoniasse d'una miseria anche passata.
Sono parole scritte da Rossana Rossanda 20 anni fa (Chi sono gli sconfitti?, in: Sentimenti dell'aldiqua, Theoria 1990).
Dopo tutto questo tempo di riflessione, oggi possiamo vedere, in un video di un blog di sinistra (?), un commentatore intellettuale, o quantomeno saccente, argomentare che "Battisti deve andare in galera perché ha una faccia di cazzo". [Lo potete vedere qui su Teledurruti, ché poi non ci tornerete più. Salvo che non si tratti di humor, nella bizzarra scia di battute spiritose del più conosciuto Silvio Berlusconi, l'argomento fisiognomico potrebbe ritorcersi contro l'esimio rappresentante dell'intellighenzia democratica. Il suo cranio, il suo volto, effigiato nella galleria delle facce da galera pubblicata da Cesare Lombroso, quello che i criminali li riconosceva guardandoli in faccia, scientificamente.]

Questa è la realtà italiana,concludeva l'articolo di Andrea Leoni: "Persino noi che sappiamo, facciamo fatica a parlare".
Ma quelli che non sanno, non fanno nessuna fatica a raccontare la storia con biografie, immagini e, appunto, facce di criminali.

1 commento:

  1. Ho letto il tuo post e come al solito sei molto accurato. C'è un però Lula non firmerà,nel senso che la congela, perchè siamo in anno elettorale. Ti scrivo dal Brasile e la situazione politica non permette a Lula di firmare, Serra il rivale di Dilma Russeff è avanti nei sondaggi e lui non vuole sicuramente attirarsi "rotture di scatole" o critiche ma piuttosto mostrare i progressi fatti per il paese. Questa è una patata che secondo me passerà al prossimo presidente.

    Brazooka

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Questa è la Pattumiera. Ma non pubblica qualsiasi monnezza venga lasciata qui. I commenti sono di chi li scrive, che non si offenderà se non ha risposta.