Terrorista in cattedra?


Sì, Irmgard Möller deve poter parlare
Ce l'hanno fatta, son di nuovo riusciti a titolare "terrorista in cattedra". Un'espressione surreale, sinonimo e compendio di "cattivo maestro", ormai tanto abusata da essere percepita, non più come spauracchio per gli onesti democratici, ma come un fantasma da complesso freudiano.
Tanta onorificenza per l'annuncio di un un'esposizione accompagnata da un incontro con Irmgard Moeller, ex militante della Rote Armee Fraktion (RAF) e come tale a lungo incarcerata in Germania.

L'esposizione, intitolata 'Perché il fuoco non muore', presenta il lavoro di Paolo Neri, un'opera coraggiosa per la scelta del soggetto, per il suo trattamento e per il materiale usato. Si tratta di grandi ritratti di militanti della RAF morti nelle carceri della Repubblica Federale Tedesca, realizzati in mosaico di marmo.
La presentazione della mostra potete sfogliarla o scaricarla qui sotto:

Irmgard Möller è l'unica sopravvissuta alla famigerata notte di Stammheim, quando, il 18 ottobre 1977 Andreas Baader, Gudrun Ensslin und Jan-Carl Raspe vennero trovati morti nella sezione di altissima sicurezza del carcere di Stoccarda (Su YouTube un video dei funerali). Irmgard venne trovata ferita da quattro coltellate al petto, e subito messa in isolamento totale con controllo a vita per mesi.
Nel 1994, dopo 22 anni, 4 mesi e 21 giorni di carcere e innumerevoli durissimi scioperi della fame, e gravemente malata, venne messa in libertà condizionale.

La mostra ed il dibattito con Irmgard Moeller (e/o con altri ex militanti della RAF) ha già trovato spazio pubblico in diversi paesi europei, tra cui la Germania.
La campagna contro la serata torinese e soprattutto la pavida decisione del sindaco di ritirare il permesso per la sala comunale di via Luserna di Rorà (affittata) sono un tentativo di censura che pretende di annullare la "cultura dell'estrema sinistra" (Il Riformista 26.2.10) illudendosi che una memoria collettiva scompaia per semplice proibizione.

Raglia, raglia, Giovane Itaglia
Ogni occasione di confronto pubblico dei protagonisti sul proprio passato deve essere salutata con favore, come contributo alla ricerca della verità.
La libertà di espressione è prima di tutto il diritto del pubblico a ricevere le informazioni di propria scelta con cui formare liberamente la propria opinione. E tappare la bocca ad un incontro pubblico è come proibire i minareti. I credenti continueranno a credere e ad esercitare il culto, ma lo faranno in privato, (dove non si può pretendere trasparenza) e senza più confronto, dialogo e possibilità d'evoluzione.
Ai fascisti tutto ciò non interessa -salvo quando si tratta di riabilitare i camerati della Repubblica di Salò- e non stupisce che i loro raggruppamenti, come la Giovane Italia, insistano sulla censura e mostrino i muscoli. Che i democratici si appiattiscano su una posizione stupidamente ultra-repressiva (la chiamano bipartisan) non è neppure una novità; lo schema di ragionamento è blindato, tautologico: si annuncia la protesta contro la 'terrorista in cattedra', si arresta uno degli organizzatori del dibattito (per un'associazione sovversiva contestata 'a titolo preventivo', cioè prima che esista, analogamente a ciò che è accaduto a Manolo Morlacchi) e poi con questo si giustifica la censura dell'incontro.
Che si terrà comunque, grazie ad un centro sociale.

Miti e tabù
La ricerca della verità è particolarmente importante quando si tratta delle morti di Stammheim, perché nessuno è stato finora in grado di farne una ricostruzione che stia davvero in piedi.
La versione ufficiale ha parlato di suicidio fin dai primi istanti -Andreas Baader si sarebbe sparato alla nuca, e Irmgard si sarebbe pugnalata al cuore con un'arma mai trovata (il coltellino da burro che aveva in cella non poteva infliggere ferite così profonde)- e si è imposta nel discorso pubblico.
Irmgard Möller contesta la costruzione di questo mito, e la sua testimonianza va oltre gli aspetti tecnici e gli episodi, insistendo sul senso politico della storia del gruppo.
È dunque importante difendere la possibilità e le occasioni di confronto e discussione, fondatrici di una memoria collettiva in cui gli ex-militanti non sono l'oggetto ma il soggetto del discorso.
Il confronto 'interno' ai gruppi segue però purtroppo le peggiori tradizioni della sinistra, fatte di contrasti che si risolvono regolarmente con anatemi ed accuse reciproche, e la RAF non fa eccezione.

Anche nella RAF ci sono tabù, dice Gabriella Rollnik, ex-militante non pentita che con Irmgard Möller è stata a lungo detenuta (nella foto degli anni 90 nel carcere di Lubecca, da sinistra Gabriella Rollnik, Hanna Krabbe, e Irmgard Möller, sopra Christine Kuby --su YouTube la prima intervista delle quattro nello stesso carcere), e l'omicidio di Stammheim non si è potuto discutere.
"Per la tabuizzazione e per la mancanza di discussione sulle contraddizioni la RAF si è spaccata nel 1993. Una parte del gruppo tentò di fare di altri i capri espiatori del fallimento della lotta armata." (G. Rollnik, D. Dubbe, Keine Angst vor niemand, 2003)
Quanto alle condanne che fanno descrivere Irmgard come una 'assassina rossa', va richiamata la rivendicazione che il Commando 15 giugno (in memoria dell'uccisione di Petra Schelm) fece dell'attacco alla base statunitense di Heidelberg nel 1972.

L'aviazione americana ha scaricato nelle ultime sette settimane più bombe sul Vietnam che durante la seconda guerra mondiale su Giappone e Germania insieme. Il Pentagono parla di altri milioni di tonnellate di esplosivo per fermare l'offensiva nordvietnamita. Questo è genocidio, sterminio di un popolo, la 'soluzione finale' applicata ai vietnamiti.
(Testo completo anche in francese e in inglese su Labourhistory)

Contro questa quantità mostruosa di bombe, a Heidelberg, la principale base militare degli Stati Uniti in Europa da cui l'attacco al Vietnam del Nord era coordinato, esplosero 200 kg di tritolo.
È questo il contesto dimenticato da cui ripartire, interrogarsi, discutere prima di giudicare.

4 commenti:

  1. Monnezza siete voi, conniventi di porci terroristi come questa schifosa moeller. tutta colpa della vostra strafottutissima ideologia.

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  2. non pubblicate i commenti che non vi piacciono!!! porci comunisti sacchi di merda!

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    1. Il suo cortese commento è assai utile. Ella infatti ci illustra graziosamente perché NON pubblicare.

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Questa è la Pattumiera. Ma non pubblica qualsiasi monnezza venga lasciata qui. I commenti sono di chi li scrive, che non si offenderà se non ha risposta.