
I «fasti del quarantennale», cioè le celebrazioni in ricordo del sequestro di Aldo Moro nel 1978, hanno mostrato il carattere nefasto delle ricostruzioni memorialistiche, che, proprio poiché capaci di bypassare il tempo trascorso e le ricostruzioni storiche, anziché sollevare interrogativi provocano ed alimentano sentimenti.
Interamente nelle mani di politici e giornalisti, nell'assordante silenzio degli storici e nell'assenza integrale degli ex-brigatisti, il discorso pubblico, incentrato sulle vittime del terrorismo, ha raggiunto rapidamente toni da campagna d'odio. Giornalisti di fama si sono lasciati andare ad insulti, scrivendo di voler sputare addosso agli ex-brigatisti, e scatenando così i tanti giustizieri dell'internet, sdoganati nella rincorsa a chi propone le peggiori umiliazioni e punizioni. Perché sembra che quei fatti siano appena avvenuti, ieri o l'altroieri, e l'emergenza sia in corso.
Davanti ad immagini di cadaveri e di sangue, basta gridare quello è l'assassino e non importa più che in quattro decenni il paese sia cambiato, la storia abbia fatto il suo corso, e che gli autori condannati abbiano fatto in tempo a scontare le massime condanne nelle peggiori condizioni possibili.
Tra le rarissime voci critiche, spicca per importanza l'articolo di Ilenia Rossini, dedicato a 'L’indicibilità della critica della vittima': lo prendiamo come punto di partenza per quanto segue, un contributo al dibattito nato inizialmente come commento.