L'intervista a Cesare Battisti

Quella che segue è la traduzione integrale dell’intervista di Luiza Villaméa a Cesare Battisti per la rivista brasiliana Istoé del gennaio 2009.
Sul sito con la versione originale si trovano anche le registrazioni audio.

Intervista
Cesare Battisti « Perché succede tutto questo a me ? »
Intervistato da Istoé, Cesare Battisti parla di comunismo, guerriglia, pentimento, nemici, errori, persecuzioni e fughe
Di Luiza Villaméa
Foto Roberto Castro

ISTOÈ – Come ci si sente, a essere il fulcro di una crisi tra il Brasile e l’Italia?
Cesare Battisti – Io, sinceramente non riesco a credere che tutto ciò stia davvero succedendo. È una cosa enorme, esagerata. Io non sono una persona così importante. Io sono uno tra le migliaia di militanti italiani degli anni ’70. Sono uno tra le centinaia di militanti che si rifugiarono in giro per il mondo, in fuga dagli anni di piombo dell’Italia. Perché tutto questo a me?

ISTOÈ – Lei teme che il Brasile faccia marcia indietro a causa della reazione italiana?
Battisti – No. La decisione del ministro Tarso Genro è ben argomentata. Ha analizzato tutti i documenti. Non ne ha fatta una lettura superficiale. E la persecuzione politica è provata nei documenti. Penso che quello del ministro Genro sia stato un atto di coraggio e di umanità. La decisione è importante non solo per me, Cesare Battisti, ma per l’umanità. L’Italia deve rileggere la propria storia. Stiamo dando alla nazione italiana la possibilità di rileggere la sua storia con serenità, umanamente.

ISTOÈ – Con la reazione italiana, è riapparso un suo antico compagno, Pietro Mutti, per dire che lei partecipò all’uccisione di un gioielliere e di un poliziotto. Lei ha ucciso queste persone?
Battisti – In nessun modo. È molto lontano dalla realtà. All’epoca di quegli assassinii non facevo neppure più parte dei PAC.

ISTOÈ – Lei ha ucciso qualcuno?
Battisti – Io non ho mai ucciso nessuno. Io non sono mai stato un militante ‘militare’ di nessuna organizzazione. Né nel Fronte Largo né nei PAC, dove restai due anni,tra il 1976 e il 1978. Uscii dai PAC nel maggio 1978 , dopo la morte di Aldo Moro (l’ex primo ministro italiano sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse). All’epoca, migliaia di militanti abbandonarono i movimenti di lotta armata. Fu un periodo di dibattito molto importante in Italia.

ISTOÈ – Lei ripeterebbe di non aver ucciso nessuno di fronte ad Alberto, il figlio del gioielliere Pierluigi Torregiani, che sta su una sedia a rotelle a causa di un attentato dei PAC? Egli partecipa alla campagna contro di lei in Italia.
Battisti – È deplorevole ciò che sta facendo Alberto Torregiani. Lui sa che io non ho niente a che fare con questo. Ci siamo già scambiati molte lettere. Una corrispondenza amichevole, fatta di sincerità e di rispetto. Ma Alberto Torregiani subisce pressioni del governo italiano perché lui, dopo tanti anni di lotta, poverino, ha ottenuto una pensione come vittima del terrorismo. Dal 2004 riceve una pensione come vittima degli anni di piombo in Italia. Gli stanno facendo pressione, giacché possono ritirargli la pensione.

ISTOÈ – Perché si è messo in contatto con Alberto Torregiani?
Battisti – Sono sempre stato molto sensibile alla situazione di Alberto. Era un adolescente all’epoca dell’attentato. Per reagire all’attacco, il padre finì per colpire il figlio, che restò paraplegico.

ISTOÈ – E come vede l’apparizione di Pietro Mutti, dopo tanti anni di silenzio?
Battisti – Ha ripetuto, parola per parola, quello disse al procuratore Armando Spataro nel 1981. E, come altri ‘pentiti’, aveva parlato sotto tortura. Ora, non posso affermare che sia stato resuscitato dalla macchina del governo italiano. Ma anche se fosse davvero riapparso, non potrebbe fare altro che ripetere esattamente quello che vuole il procuratore conosciuto per aver diretto lo schema di tortura nella regione di Milano. A quell’epoca la tortura faceva parte del quotidiano, in Italia. L’Italia deve riconoscerlo. Ma non può. Perché l’Italia è Europa. E l’Italia non può ammettere che negli anni 1970 ci fu una guerra civile.

ISTOÈ – Ma era una democrazia. Non era una dittatura.
Battisti – C’era una democrazia in cui la mafia era al potere. Abbiamo avuto un primo ministro che è rimasto al potere per decenni e che fu condannato per mafia. Parlo di Giulio Andreotti (leader del partito democristiano italiano) capo del governo nei periodi 1972-3, 1976-79 e 1989-92). C’erano anche i fascisti, che non furono mai allontanati dal potere. E oggi sono purtroppo tornati.

ISTOÈ – La settimana scorsa, una donna descritta come sua ex-fidanzata, maria Cecilia B. ha dichiarato ai media italiani che lei le avrebbe confessato l’assassinio di una guardia penitenziaria.
Battisti – Maria Cecilia Barbeta, che non è mai stata mia fidanzata, era una collaboratrice di giustizia. Era ciò che era chiamata collaborazione secondaria, di chi confermava dettagli a sostegno di un’accusa.

ISTOÈ – Ed era dei PAC?
Battisti – Non l’ho mai saputo. Penso di no. Era del Fronte Largo, nella regione di Venezia. Devono averle chiesto di confermare un dettaglio. E lei raccontò che una notte le confessai d’essere l’assassino della guardia carceraria.

ISTOÈ – Quanti membri contavano i PAC?
Battisti – Nell’epoca in cui feci parte dei PAC, tra il 1976 ed il 1978, non conoscevo tutto il gruppo a livello nazionale. Ma penso ci dovessero essere almeno un duecento persone attive; ma i PAC esistettero fino al 1979. C’erano anche gruppi d’appoggio.

ISTOÈ – Quale fu il suo ruolo nei PAC?
Battisti – I PAC avevano un giornale, Senza galera. Significava senza carceri, nel senso più largo, quello di Michel Foucault, di ghetto, di favela. Io entrai per collaborare con quel giornale. Ma cominciai a fare politica illegale molto giovane,a 15, 16 anni. Partecipai a tutte le lotte. All’epoca c’erano lotte per il divorzio, l’aborto, la riduzione delle tariffe elettriche. C’era anche la lotta per la legalizzazione della canapa. E cominciai ad interessarmi di politica a casa.

ISTOÈ – Come?
Battisti – Sono figlio e nipote di comunisti. Quando avevo dieci anni, andavo con mio fratello e cin tutta la famiglia con un cravo rosso sul vestito. Era una malattia di tutta la casa. Essere comunisti a quel tempo non era facile. A scuola, quando ero piccolo, ebbi problemi per questo, perché la chiesa cattolica non era molto tollerante coi comunisti.

ISTOÈ – E la sua famiglia?
Battisti – Mia madre era cattolica, molto credente. Mio padre no, ma era tollerante rispetto alla chiesa. Ed avevamo molti santi in casa. C’era anche un quadro di Stalin. Da piccolo, verso i sette, otto anni, credevo che Stalin fosse pure lui un santo. Un santo un po’ strano, per via dei baffi, ma io ero un bambino. Entrai presto nella gioventù comunista. Poi uscii dal PCI ed entrai in quello che all’epoca era il movimento di estrema sinistra.

ISTOÈ – E poco dopo lei venne arrestato per la prima volta.
Battisti – A quei tempi noi finanziavamo i movimenti con furti e piccole rapine.

ISTOÈ – Lei venne poi condannato per rapina a mano armata?
Battisti – Si, per la rapina ad una villa mansao , nella regione di Roma. Ero nel Fronte Largo. Tutti praticavano illegalità in quell’epoca. Le chiamavamo espropri proletari. Chiaramente non erano furti a povera gente. Erano obiettivi scelti. Era una pratica generalizzata che serviva a finanziare le nostre pubblicazioni, giornali e piccole riviste. Le prime radio libere, per esempio, furono finanziate da attività illegali.

ISTOÈ – Perché ha deciso di venire in Brasile?
Battisti – Ho vissuto dieci anni in Messico. Vi ho fondato una rivista ed una biennale di arte grafica. Sapevo che in Brasile c’erano molti rifugiati italiani, ed avevo contatto con alcuni di loro. Stavano bene, avevano famiglia e lavoro. Erano integrati. Il popolo brasiliano è molto simile a quello italiano.

ISTOÈ – Ma perché il Brasile nel 2004?
Battisti – Non fu veramente una fuga, né una vera e propria scelta.

ISTOÈ – Lei disponeva di appoggi in Brasile?
Battisti – Avevo un contatto con Fernando Gabeira. (NdT: Gabeira, ex-militante clandestino ed esiliato, è scrittore e politico, qui il suo blog) Non lo conoscevo personalmente, ma avevamo amici comuni. Avevo anche altri indirizzi che non ho mai usato, come quello di Ziraldo, lo scrittore. Gabeira fu molto ricettivo con me. Io non parlavo portoghese, ma lui parlava francese ed italiano. Fu di grande aiuto psicologico per me.

ISTOÈ – Di aiuto anche finanziario?
Battisti – No, mi ha dato sostegno psicologico. Io vivevo dei diritti d’autore dei libri che avevo pubblicato in Francia. E da quando sono arrivato in Brasile ne ho già scritti altri tre. L’ultimo devo rileggerlo per presentarlo all’editore. È una continuazione di Minha fuga sem fim, già pubblicato in Brasile (Ma cavale, titolo dell’edizione francese, NdT).

ISTOÈ – Come andò la sua venuta in Brasile? Operativamente, come funzionò?
Battisti – Una parte della Francia mi sosteneva. Un grande movimento popolare, intellettuale, manifestò in mio favore. Allo stesso tempo, c’erano pure alcuni membri del governo, di cui non posso citare i nomi, che si erano impegnati con noi rifugiati italiani. Gli era difficile accettare che la Francia avesse rinunciato alla parola data.

ISTOÈ – Erano membri dei servizi di sicurezza francesi?
Battisti – Erano persone del servizio segreto. Da questa gente giunse l’indicazione di abbandonare la Francia. L’idea della mia fuga in Brasile fu di un membro del servizio segreto francese. Nello studio dei miei avvocati francesi, uno di loro mi disse che l’Italia stava facendo pressioni per via delle denunce che io facevo nei miei libri. E mi parlò del Brasile, ricordando che vi erano molti rifugiati italiani. Da parte mia, mi ricordai di tutto quello che avevo sentito dire sul Brasile quando vivevo in Messico.

ISTOÈ – E questa uscita come si concretizzò?
Battisti – Una settimana dopo inviò un’altra persona a consegnarmi un passaporto italiano, con la mia foto ed i miei dati.

ISTOÈ – E furono loro ad organizzare il suo arrivo in Brasile?
Battisti – No. Andai in auto dalla Francia in Spagna ed in Portogallo. Da Lisbona, raggiunsi l’isola di Madeira. Da li, andai in barca fino alle Canarie. E nelle Canarie presi un aereo fino a Cabo Verde ed in seguito a Fortaleza.

ISTOÈ – Lei aveva contatti a Fortaleza?
Battisti – No, ma là aumentarono i miei sospetti che vi fosse un’informazione nascosta nel codice a barre del mio passaporto. In tutti i posti c’era sempre qualcuno che sapeva che io stavo arrivando. A Fortaleza, mi misi nella fila per il controllo dei passaporti. Mancava poco al mio turno. Vennero tre persone. Una di loro, una donna, parlava francese alla perfezione. Disse che bisognava attivare il codice a barre del mio passaporto. Mi accompagnarono in una sala, mi offrirono un caffè e dopo dieci minuti mi resero il passaporto.

ISTOÈ – Lei ritiene dunque di essere stato osservato in Brasile?
Battisti – Per due anni e mezzo sono stato costantemente osservato.

ISTOÈ – Da chi?
Battisti – Da brasiliani e da francesi. Sempre. Penso che ad un certo punto si aggiunsero anche gli italiani.

ISTOÈ – Ma se lei non è importante, come ci ha detto, perché tutto questo monitoraggio?
Battisti – Non lo so. Continuo a interrogarmi sul perché e sui costi. Chi ha finanziato tutto quello?

ISTOÈ – Cosa è rimasto della sua militanza?
Battisti – Io continuo ad essere un vero comunista, non nel senso partitico. Le mie idee non sono cambiate. Continuo a pensare che ci sia molta ingiustizia sociale, che l’umanità deve ancora fare molto per svilupparsi. Il mio modo di intervenire passa attraverso la scrittura ed il volontariato. In Francia ho dato corsi di scrittura per detenuti, ho aiutato a montare biblioteche per comunità carenti. La mia militanza è continuata con queste attività.

ISTOÈ – Come valuta la lotta armata?
Battisti – La lotta armata fu un errore. Oggi non credo si possa fare una rivoluzione con le armi. Io non ho mai sparato a nessuno, ma ho usato armi in operazioni di finanziamento delle organizzazioni.

ISTOÈ – Se guardando indietro potesse cambiare qualcosa nella sua vita, cosa cambierebbe?
Battisti – Noi cambierei le mie idee, cambierei i mezzi per raggiungere i risultati. Non ho mai creduto che si potesse cambiare il mndo uccidendo persone. Neppure quando entrai nei PAC, perché l’organizzazione non includeva l’uccisione di persone nelle sue direttive. I PAC si differenziavano dalle Brigate Rosse e da altre organizzazioni per questa ragione. E questo fu il motivo della mia rottura con i PAC dopo la morte di Aldo Moro. I PAC sostennero l’uccisione di Moro.

ISTOÈ – Si ricorda dell’ultima volta in cui incontrò Pietro Mutti?
Battisti – Fu orribile. Perché io uscii di prigione in un momento di sconfitta totale. Eravamo nel 1981. Solo qualche fanatico credeva ancora che si potesse fare qualcosa con le armi in Italia. Quasi tutti i capi delle organizzazioni –in Italia c’erano più di 100 gruppi armati- erano prigionieri. In prigione, ci riunivamo. Per noi, l’offensiva armata era finita.

ISTOÈ – Ma lei non è stato liberato dalla prigione con un’azione armata?
Battisti – Si. Non sono uscito da solo. Fu scelto per essere liberato con una azione dura, durante la quale non si fece uso di violenza fisica contro nessuno, con una missione. Parlare coin Pietro Mutti e altri capi di organizzazioni per abbandonare la lotta armata, fare una ritirata strategica, reintegrarmi nel Fronte Largo e continuare le azioni di finanziamento a sostegno di chi era in clandestinità e anche di chi era in carcere.

ISTOÈ – E come andò questa missione?
Battisti – Quella missione fu un disastro. Pietro Mutti era sotto una tremenda pressione, aveva ai suoi ordini giovani di 18, 20 anni per i quali si sentiva responsabile. Litigammo. Quell’ultimo incontro fu un gran litigio durante il quale lanciai un portacenere in faccia ad un militante che mi aveva dato del traditore. Perché loro pensavano che sarei uscito di galera parlando di Che Guevara e di lotta armata. Ed io arrivai dicendo che tutto era finito.

ISTOÈ – Lei svolge un qualche lavoro in carcere?
Battisti – Sto terminando il mio terzo libro. Il secondo, che è nel computer, è Ser Bambu. Il terzo s’intitola Ao Pé do Muro. È una trilogia, una continuazione.
ISTOÈ – dunque è autobiografico?
Battisti – È autobiografico, ma un po’ diverso dal primo. Ora ho già rivisto il mio stile di racconto.

ISTOÈ – Scrive a mano o sul computer?
Battisti – A mano.

ISTOÈ – Come reagisce alle ripercussioni internazionali del suo caso? È più difficile farcela nel quotidiano del carcere?
Battisti –Ora ho assistenza psichiatrica e prendo antidepressivi.

ISTOÈ – Ma lei sembra animato. È per la prospettiva di essere liberato?
Battisti – Un po’, e anche per la sua intervista. Ma la pressione è enorme. Ogni volta che ci penso, non riesco a credere che stia succedendo a me.

ISTOÈ – Vede le notizie che la riguardano in televisione?
Battisti – Si parla molto del mio caso. E gli altri detenuti hanno molta solidarietà. Non ho mai avuto problemi con i detenuti, e neppure con le guardie.
ISTOÈ – Secondo un’accusa, lei ha ucciso il comandante di una prigione, gli agenti penitenziari di qui lo sanno?
Battisti – Penso di sì. Ma mi stanno trattando molto bene, con rispetto. E le guardie mi trattano come un qualsiasi altro detenuto.

ISTOÈ – Come affronta la decisione finale che il Supremo (Tribunale federale, NdT) sta per dare?
Battisti – Il Brasile mi ha concesso rifugio politico. Il Procuratore generale ha dato parere favorevole al rifugio. Penso che il Supremo andrà nella stessa direzione che ha già preso in altri casi.

ISTOÈ – È tranquillo o ansioso?
Battisti – Non sono tranquillo perché la pressione è enorme. Mi sta demolendo. Le notizie, i media, io non sono preparato a tutto questo. Ora una cosa mi sorprende da un lato: perché questi media che fanno tanto chiasso non si chiedono il perché di una reazione così esagerata da parte dell’Italia. Questa isteria dell’Italia. Perché succede a me? Perché il presidente ed i ministri italiani stanno reagendo in questo modo personale?

ISTOÈ – La prima dama di Francia, Carla Bruni, è intervenuta in suo favore?
Battisti – Credo sia una menzogna. Penso che non avesse motivo di intervenire a mio favore.

ISTOÈ – Ma dai documenti presentati al Conare risulta che sua sorella, Valeria, intervenne in passato.
Battisti – Non so. L’ha dichiarato ufficialmente?

ISTOÈ – Lei parla della sua situazione con le sue figlie?
Battisti – Si. Si.

ISTOÈ – È difficile per loro?
Battisti – No. Perché non ho mai nascosto la mia vita. Fin da bambine sono cresciute apprendendo tutto poco a poco.

ISTOÈ – Ma per la stampa internazionale lei è un terrorista assassino.
Battisti – In Italia non sono tutti contro di me, in Francia molti sono a mio favore. Molta gente crede che io non sia un terrorista assassino.

ISTOÈ – Fred Vargas è in testa alla lista di queste persone?
Battisti –È una persona che conosce approfonditamente il mio processo. Penso che lei lo conosca meglio di me. È stata l’unica persona al mondo che ha letto quelle due valigie di processi.

ISTOÈ – A cosa si aggrappa per tenere duro ed avere forza davanti a questa pressione? Lei ha fede in Dio?
Battisti – Si.

ISTOÈ – Con la sua formazione, lei crede in Dio?
Battisti – Credo in una forza superiore. Nella legge superiore universale. Sempre. Mischio questo con la mia vita e col mio pensiero politico. Penso di agire nella direzione di questa forza superiore. Anche quando ho sbagliato. Per esempio ho usato le armi, anche se senza uccidere nessuno, ero in un processo di violenza. Ma ho sempre creduto.

ISTOÈ – A cosa si aggrappa nei momenti difficili?
Battisti – Alle persone, alle migliaia di lettere che mi arrivano.

ISTOÈ – Quali persone?
Battisti – Persone che non mi conoscono. Molte lettere di gente che io neppure immaginavo mi apprezzassero, dal mondo intero. Da persone che conobbi negli anni 70, che conosco, che sanno perché mi succede questo.

ISTOÈ – Lei pensa che i suoi libri le influenzino?
Battisti – Certamente.

ISTOÈ – Libri che denunciano la tortura degli anni 70?
Battisti – Denunciano quello per cui l’Italia non ha mai voluto accettare. In Italia ci fu una guerra civile, come denunciamo all’orchestratore della repressione dell’epoca, l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Mi ha mandato una lettera personale, riconoscendomi come militante politico. Lei può vedere questa lettera. (anche noi : QUI NdT ) Dice che eravamo un gruppo rivoluzionario che voleva prendere il potere con le armi in un progetto socialista. Parole di Francesco Cossiga. Oppure Berlusconi, il grande mafioso, ha più credito di Cossiga ?

ISTOÈ – Cosa le piacerebbe fare una volta uscito di prigione?
Battisti – In questo periodo di carcere ho letto molto, ho approfondito la conoscenza del paese, sul piano storico, sociale e culturale. Per me il Brasile è un paese molto interessante dal punto di vista umano, ma anche dal punto di vista professionale. Posso fare molto qui, esattamente ciò che facevo in Francia, prendere molte iniziative culturali, continuare a scrivere, riunire qui la mia famiglia.

ISTOÈ – Vuole far venire Valentina e Charlène?
Battisti – Voglio far venire le mie figlie. Non sono sposato. Voglio far venire anche la madre delle mie figlie. Valentina ha studiato biogenetica. Ci sono progetti per lei qui in Brasile, c’è molto da fare in questo campo. La biogenetica qui in Brasile è un soggetto molto importante, il mondo intero guarda al Brasile. Sogno di questo.

ISTOÈ – Ha qualche luogo preferito?
Battisti – Mi piace molto Rio de Janeiro. È un paradiso, una meraviglia. Ma in realtà non so dove vivrò. Penso che alla mia famiglia piacerà Rio de Janeiro.

ISTOÈ – Perché ha atteso 16 anni per dire che non ha ucciso nessuno?
Battisti – Perché gli altri che confessarono dissero di aver ucciso davvero. Se mi fossi difeso, mi sarei differenziato ed avrei aperto una breccia nella dottrina Mitterrand, che impone la stessa difesa per tutti. Nessun argomento individuale, come innocenza, contumacia o dichiarazioni personali. Io ho seguito questa norma di condotta. In nessuna tappa di questo processo ho rivendicato l’innocenza. Ho fatto un documento sugli anni di piombo in Italia e questa è la causa della vendetta dei potenti politici italiani. Non posso dividermi. Per dire che sono innocente, ho dovuto rinunciare alla difesa degli avvocati. Ho dato mandato ad un altro avvocato, che mi sta difendendo in Francia, per poter dire alto e forte che non ho ucciso nessuno e che sono stato condannato in contumacia. Per questo sono dovuto uscire dalla difesa collettiva.

ISTOÈ – E per questo non fu fatta una difesa puntuale?
Battisti – Esatto. Penso che l’Italia menta. Il governo italiano sta mentendo. La maggior parte dei media italiani appartiene a Berlusconi. Stanno mentendo. Ci sono persone che manipolano o lasciano manipolare. Non sono mai stato ascoltato dalla giustizia italiana su questi quattro omicidi. Mai. Non esiste. Non sono mai stato sentito in nessuna inchiesta, nella fase istruttoria.

ISTOÈ – La Francia ha rifiutato di estradare Marina Petrella, che era delle Brigate.
Battisti – Si. La sua situazione penale è molto più grave della mia. Perché non fanno tutto questo casino,perché non fanno niente? Questa persona è accusata di cose molto più gravi delle mie. Perché non fanno nulla? La domanda che faccio è questa: sarebbe disposta la giustizia italiana oggi a sentirmi per la prima volta su questi quattro omicidi, prima di sotterrarmi vivo? L’Italia sarebbe disposta a sentirmi una sola volta su questi quattro omicidi prima di condannarmi, come ha condannato la Petrella, alla privazione della luce solare? Privare un uomo della luce del sole è un omicidio.

ISTOÈ – Com’è il suo quotidiano qui?
Battisti – Al mattino c’è il caffè. Gli agenti passano il caffè alle 7 e 10. A quel momento dobbiamo essere svegli e rispondere al richiamo. Resto in cella. Si dorme con la cella chiusa. La cella viene aperta per il caffè del mattino. Beviamo un bicchiere di latte di soja. C’è caffè, ma bisogna comprarlo allo spaccio. Poi si passeggia nel cortile. Ognuno si dedica alle sue attività.

ISTOÈ – E lei scrive?
Battisti – Quando torno in cella comincio a preparare la mente alla scrittura. Ma negli ultimi giorni non ci riesco. C’è molta pressione, non riesco a concentrarmi.

ISTOÈ – Ha degli amici qui?
Battisti – Siamo una cinquantina di persone. Siamo tutti amici. Uno deve aiutare l’altro.

ISTOÈ – La notte, a che ora va a dormire?
Battisti – Il ‘bagno di sole’, da lunedi a venerdi, finisce alle 4 del pomeriggio. Tutti tornano in cella, dove ognuno fa ciò che vuole. Legge, guarda la televisione. Prima delle 7 e 30 non accendo il televisore. La tv è del detenuto. Anche il mio compagno di cella non vuole la tv tutto il giorno. Questo mi va molto bene, perché mi piace leggere e scrivere. Noi guardiamo il telegiornale, alle 8.

ISTOÈ – Il 18 dicembre ha festeggiato il suo compleanno qui in carcere?
Battisti – Si, con tanto di torta.

ISTOÈ – Chi l’ha fatta?
Battisti – Non lo so.

ISTOÈ – Chi?
Battisti – Non lo so. Sono venute dieci persone. È venuta la ex-prefetta di Fortaleza, Maria Luiza Fontanelle. Lei ed altre persone.
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2 commenti:

  1. CORAGGIO CHE SI SCOPRIRA' LA VERITA'

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  2. Ciao!
    Sono brasiliana e sto facendo un lavoro su caso di battisti. ho visto che hai le decizione di 88 a 93. adesso cerco le decizione dell'epoca di 79 a 82.ti chiedo se sai dove posso incontrare questi due.
    scusate per il mio italiano sbagliatto.
    grazie mille.
    (se vuoi ti lascio doppo il mio email)
    marilia fabbro

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